Il caffè trova la sua origine nell’unione tra la terra, l’acqua, il sole e le cure pazienti dell’uomo. Ed è proprio a partire dalle nursery che l’uomo gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella crescita della pianta.
Le piantine di caffè, prima di essere messe a dimora , devono infatti essere collocate all’interno di uno spazio controllato, il vivaio appunto, attraverso un processo di pregerminazione e successiva germinazione.
La pregerminazione avviene attraverso l’inserimento dei semi di caffè tra due sacchi di juta bagnati e solo una volta germogliati, gli stessi semi, potranno essere trasferiti in dei piccoli contenitori da collocare all’interno del vivaio. Il vivaio deve avere condizioni assolutamente controllate e fornire alle piccole piante non ancora sviluppate le giuste quantità di esposizione diretta al sole e, soprattutto in questa fase, di ombra.
Superata questa fase iniziale, la più delicata di tutto il processo, la pianta di caffè viene esposta per due mesi alla luce diretta del sole, tempo necessario per giungere alla lignificazione del fusto, quindi al successivo impianto nella sua sede definitiva.
Il caffè è una pianta tropicale coltivata nella fascia tropicale che circonda la Terra, tra il tropico del Cancro e il tropico del Capricorno, e trova il suo habitat naturale tra i 200 e i 2000 m di altitudine, con temperature variabili da 15 a 25 °C, in un clima caldo e umido con abbondanti piogge intervallate da stagioni secche.
Molte sono le specie di piante del genere Coffea, ma solo due hanno rilevanza economica per la produzione del caffè: la Coffea arabica, detta solitamente arabica, e la Coffea canephora, nota comunemente come robusta.
L’Arabica è un caffè coltivato ad alta quota, con personalità floreale o fruttata, piuttosto acido al palato e con un basso contenuto di caffeina. I migliori Arabica vengono prodotti in tutta la fascia attorno all’equatore, tra i 1.000 e i 2.000 metri di altitudine, dove luminosità e temperature notturne fredde rallentano la maturazione favorendo la germogliazione di fave dure e aromatiche.
Il Robusta, più intenso invece, con un amaro più accentuato ed una corposità maggiore cresce nelle ragioni più pianeggianti, calde ed umide tra i 100 e gli 800 metri.
La produzione è ripartita in tre grandi zone geografiche.
1. America centrale e del Sud: fornisce il 70% della produzione mondiale, principalmente Brasile (primo produttore mondiale), Colombia (terzo produttore mondiale), El Salvador, Guatemala e Messico.
2. Africa centrale: fornisce il 10% della produzione mondiale, in particolare Costa d’Avorio, Etiopia e Uganda.
3. Asia: produce il 20% del caffè, in particolare in Vietnam (secondo produttore mondiale), Indonesia e India, con produzioni in aumento.
La pianta, nella sua fase iniziale in piantagione, si presenta con grandi foglie di color verde brillante, non vi è ancora nessuna traccia dei caratteristici frutti rossi, e con delle radici che si sviluppano in verticale penetrando per diversi metri nel sottosuolo.
Per i primi quattro mesi la pianta non darà nessun tipo di frutto, solo dopo tale periodo inizierà ad arricchirsi di piccole bacche tondeggianti le quali, una volta maturate a dovere, assumeranno il caratteristico colore rosso acceso.
E’ dal fiore del caffè, che dopo qualche mese, nasce il frutto chiamato ciliegia.
Il fiore del caffè è caratteristicamente di colore bianco e sprigiona un delicato profumo di gelsomino. Pochi giorni dopo la sua sbocciatura il fiore perde i suoi petali: il frutto subentra al fiore tra i 6 e 9 mesi per l’Arabica e da 9 a 11 per il Robusta (c.d. Allegamento).
E’ la ciliegia che dona alla pianta del caffè quel colore rosso arancione caratteristico.
Su uno stesso ramo si trovano ciliegie di caffè aventi gradi di maturazione diversi. Le ciliegie o drupe sono in primis di colore verde, per poi assumere una colorazione rossa – arancione giunte alla loro maturazione completa.
Ciascuna drupa contiene al suo interno due fave affiancate, che costituiranno il caffè verde, circondate da una mucillagine, a sua volta ricoperta da una polpa rossa e carnosa. I due semi sono ricoperti da una pellicola spessa e biancastra detta pergamino, svolgente una funzione protettiva,mentre nello strato sottostante si trova una seconda pellicola di colore argenteo, perfettamente aderente al seme.
Il seme dell’Arabica di colore verde ha un solco che ricorda una “S”, mentre quello della Robusta è più rotondeggiante con un solco quasi dritto ed ha un colore verde pallido, con sfumature grigie.
La raccolta con il metodo del c.d. picking si effettua a mano, per selezionare soltanto i frutti più maturi. Tale approccio impone di raccogliere i frutti in più volte (da 6 a 8) poiché le drupe dello stesso ramo raggiungono gradi di maturazioni in tempi diversi. Si può con questa tecnica selezionare e procedere all’eliminazione dei chicchi ancora troppo verdi ed astringenti, ovvero troppo maturi e fermentati.
Nello stripping le ciliegie vengono raccolte su un telo appoggiato a terra, senza alcuna distinzione tra i differenti gradi di maturazione: le ciliegie vengono fatte cadere mediante un’operazione di raschiamento delle stesse dalla superficie del ramo. Se la raccolta è avvenuta per stripping sarà necessario procedere alla separazione dei frutti dalle foglie, dai pezzi di legno e dalle pietruzze.
Accanto a questi negli ultimi decenni si è sviluppato anche il c.d. Metodo meccanico: soprattutto utilizzato sulle fasce pianeggianti e su terreni poco accidentati, consiste nel far passare tra gli alberi una macchina che scuotendo i rami fa cadere tutti i frutti assieme.
Metodo a umido
Nel trattamento in umido i frutti dopo la raccolta subiscono:
- la spolpatura: passano attraverso macchine spolpatrici che, in un flusso continuo di acqua, rompono buccia e polpa liberando i semi
- la fermentazione: i semi, ancora ricoperti da mucillagine di polpa e pergamino, vengono lasciati in vasche con acqua per 1-3 giorni, in modo che la mucillaggine fermenti e si decomponga
- il lavaggio: i chicchi sono lavati dentro piccoli canali mediante l’utilizzo di acqua corrente
- l’essicazione: al sole o in essiccatoi
- la snocciolatura: il caffè viene passato in apposite macchine decorticatrici a frizione, a rulli o a percussione, che spezzano il pergamino senza danneggiare i chicchi e li inviano alla setacciatura, effettuata con macchine setacciatrici che li selezionano e dividono per dimensione.
E’ questo il trattamento per i c.d. caffè lavati o meglio noti come MILD, quasi sempre di qualità Arabica, superiore e ineguagliabile.
Metodo a secco
Consiste in una mere essicazione delle ciliege all’aria aperta, su grandi aree, per alcuni giorni. Seguendo questo metodo, le fave non vengono preliminarmente spolpate e i frutti vengono fatti essiccare distendendoli al sole e girandoli più volte con un rastrello per evitare eventuali fermentazioni; l’operazione può essere eseguita anche in essiccatoi, con un risultato più rapido e sicuro, ma qualitativamente inferiore. Quando la polpa è secca si effettua la snocciolatura: si fanno passare le bacche in una macchina decorticatrice che spezza la buccia e il pergamino liberando i chicchi. Al termine, si fa la setacciatura, che prevede la separazione e contemporanea selezione per grandezza: con macchine setacciatrici si separano i chicchi da buccia e polpa, poi si dividono per grandezza facendo cadere e raccogliendo prima i chicchi più piccoli, poi quelli di dimensioni maggiori, classificandoli cosi per tipo e per grandezza (“crivello”).
Il metodo a secco, decisamente più rapido e meno costoso del trattamento a umido, fornisce i caffè “non lavati” o “naturali” .
I caffè sono principalmente spediti per nave, trasportati in sacchi di juta da 60 o 69 kg, verso i paesi importatori.
Per ottenere un caffè eccellente, i sacchi di juta vengono stipati nei container per sfruttare meglio lo spazio, e nei container vengono adottati tutti gli accorgimenti per evitare ogni rischio di muffa, condensa e odori indesiderati. I sacchi sono posizionati in maniera da permettere la circolazione dell’aria tra di loro.